Tempo d’autunno, di piogge e primi freddi.
È inevitabile, non passa un anno che non inauguri la stagione con un bel
raffreddore. Cerco di resistere finché posso a compresse e pastiglie
effervescenti curandomi con tazze di latte bollente al miele e brodo caldo, ma poi
finisco per cedere ogni volta, sconfitta, ai consigli del farmacista. Non che
abbia qualcosa contro la categoria, per carità, ma l’idea di mettere piede in
un posto dove si vendono medicine non è proprio il massimo, così ogni volta
compenso con una visita alla torrefazione vicina, tanto per scambiare quattro
chiacchiere e comprare l’aroma naturale di vaniglia (ebbene sì, è la simpatica
proprietaria del negozio la mia spacciatrice di dolcezze preferita!).
Ero giusto lì un paio di giorni fa, a lamentarmi del naso gocciolante,
quando è entrata in negozio una signora anziana, una nuvola di capelli
bianchissimi su un viso dolcemente spiegazzato dal tempo. Cercava il mosto
cotto, ingrediente fondamentale per la realizzazione di un dolce dal nome
incomprensibile (abbiate pazienza, ma il raffreddore mi ha reso anche sorda)
che facevano dalle sue parti in occasione del 2 Novembre. Purtroppo il mosto
cotto è un prodotto difficilmente reperibile, almeno dalle mie parti, ma quella
richiesta così insolita è stato il trampolino perfetto per un salto indietro
nel tempo, a quelle giornate fredde di fine ottobre in cui le nostre nonne
riempivano la cucina di profumi. La tradizione dolciaria legata alla
commemorazione dei defunti è antica quanto la simpatica festa di Halloween che
riempie le vetrine delle nostre città di zucche e ragnetti di cioccolato, ma a
me piace più il sapore autentico delle nostre tradizioni, perché, appunto, sono
solo nostre.
E nelle tradizioni, ancora una volta, ho deciso di tuffarmi.
Avvolta nella coperta di lana con un tè bollente fra le mani ho dato fondo
a tutti i miei ricordi intrecciandoli a quelli di mia madre, emigrata molti
anni fa dalla bellissima Sardegna. Anche lì, in quella terra aspra e selvaggia,
non manca l’antica tradizione della commemorazione dei defunti.
Per onorare i propri cari e sentirli vicini di nuovo, almeno per una
giornata, le tavole vengono imbandite con ogni genere di prelibatezza; non si
risparmia su cibi e vini di qualità, ma a farla da padrone tra i dolci insieme
al “Pane ‘e saba” ci sono loro, i “papassinos”, piccoli rombi di biscotto
farciti con noci, mandorle e uvetta, e decorati con glassa bianca e diavolini.
Ogni casa, ogni famiglia, ha la sua ricetta, e ogni paese detta le linee
guida. Ci sono zone della Sardegna in cui viene utilizzata la sapa, altre in
cui si aggiungono pinoli e arancia candita, ma qualunque sia la ricetta sono
tutte valide, nessuna esclusa. Ognuno, voglio pensare, ha il suo modo speciale di
ricordare la sua anima più cara. Ognuno la vizia a modo suo, cercando di fare
cosa gradita a chi, purtroppo, ci ha lasciati.
E a loro, a tutti coloro che vegliano su di noi da lassù, ho deciso di
dedicare la mia ricetta.
Con tutto il mio affetto.
PAPASSINI
Ingredienti:
500gr di farina
150gr di strutto
170gr di zucchero
50gr di mandorle
100gr di noci
200gr di uvetta
3 uova
10gr di ammoniaca per dolci
latte qb
scorza di un limone
scorza di un’arancia
1 pizzico di sale
250gr di zucchero a velo
acqua qb
succo di limone
diavolini
Preriscaldate il forno a 180°.
Sulla spianatoia formate la fontana con farina, strutto, zucchero, uova,
sale e aromi e impastate sino a ottenere un composto omogeneo.
A parte tritate finemente le mandorle con le noci, sminuzzate l’uvetta e
aggiungetela al composto, lavorandolo bene. A questo punto prendete un
bicchiere, versatevi due dita di latte appena intiepidito e sciogliete
l’ammoniaca avendo cura di mescolare velocemente con un cucchiaino (se volete
chiedete a vostro figlio di aiutarvi nell’operazione, giocare al piccolo
chimico con un composto vivo fra le mani gli piacerà, se non si considera
l’odore sgradevole del prodotto!). Se l’impasto dovesse risultare troppo
morbido aggiungete della farina sino a ottenere un impasto morbido ma
lavorabile.
Bene, se siete sopravvissute all’attentato olfattivo messo in atto da
quella polverina terribile passate alla fase successiva.
Prendete piccole porzioni di impasto da cui ricavare dei piccoli salami che
appiattirete con il palmo sino a raggiungere lo spessore di 1 cm per 5 cm di
larghezza circa, e tagliateli diagonalmente con un coltello a lama liscia leggermente
infarinato. Posizionate i biscotti su una teglia rivestita con carta da forno e
cuocete per circa 20 minuti, o comunque sino a quando non vedrete un colorino
dorato imbrunire le vostre meraviglie.
Mentre i biscotti sono in forno preparate la glassa mescolando zucchero a
velo con poca acqua calda e qualche goccia di limone sino a ottenere una
pastella densa. Spennellate i papassinos con la glassa e spargetevi i diavolini.
Lasciate raffreddare i biscotti in un luogo asciutto e conservateli in un
contenitore di latta.
In queste condizioni i papassinos dovrebbero mantenersi per circa una
settimana, ma purtroppo non posso dirlo con certezza, in casa mia non sono mai
durati tanto a lungo!